App. Milano 29.10.2015 (sul procedimento di revoca ex art. 173 L.F.)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la sentenza resa dalla Corte di Appello di Milano in data 29.10.2015.

Nella stessa il Collegio affronta il complesso rapporto tra procedimento di inammissibilità della domanda di concordato preventivo ex art. 173 L.F., rinuncia alla domanda stessa e procedimento prefallimentare.

Nella circostanza particolare, infatti, il Tribunale aveva aperto il procedimento di revoca ex art. 173 L.F. a seguito della segnalazione dei Commissari Giudiziali, convocando il debitore in Camera di Consiglio e notiziando il PM dell’apertura del giudizio.

Prima dell’udienza la società ricorrente aveva rinunciato alla domanda di concordato. Il Tribunale, preso atto della rinuncia e dell’istanza di fallimento medio tempore presentata dal PM, aveva dichiarato il fallimento della debitrice non prima, però, di aver dichiarato l’inammissibilità di una seconda domanda di concordato nel frattempo depositata.

I giudici milanesi, dopo aver ripercorso (richiamando gli insegnamenti della nota sentenza n. 9935/2015 delle Sezioni Unite della Cassazione) i rapporti tra la procedura di concordato e quella di fallimento, rilevano che in pendenza della domanda di CP non può ammettersi il corso di un autonomo procedimento prefallimentare che si concluda con la dichiarazione di fallimento indipendentemente dal verificarsi di uno degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180 L.F.

Nel caso in questione il sub procedimento di revoca non era più pendente per rinuncia alla domanda da parte della ricorrente. Il PM, di conseguenza, nel momento in cui aveva presentato l’istanza di fallimento aveva perso la speciale legittimazione riconosciutagli dall’art. 173 L.F.

Buona lettura.

Simone Giugni

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’Appello di Milano

Sezione 4^ civile

 

Riunita in camera di consiglio in persona di:

Dott. Erminia Lombardi                                                        Presidente rel.

Dott. Marisa Nardo                                                               Consigliere

Dott. Rossano Taraborrelli                                                  Consigliere

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nel procedimento iscritto in grado d’appello n. 2524/2015 del Ruolo Generale

tra

F. SPA (C.F.                  ) rappresentata e difesa, per delega a margine del reclamo, dall’Avv. S.A. ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in                 via

- reclamante –

e

FALLIMENTO F. SPA (C.F.                 ) rappresentato e difeso per delega in calce alla memoria di costituzione in sede di reclamo, dall’Avv. __________________ ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in                               via

-          reclamato –

e

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MILANO

-          reclamato non comparso –

e

PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

-          reclamato non comparso –

 

OGGETTO: reclamo avverso sentenza dichiarativa di fallimento

CONCLUSIONI: nei rispettivi atti difensivi

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 512/2015 in data 28 maggio – 4 giugno 2015 il Tribunale di Milano, previa revoca, con provvedimento emesso in pari data del decreto 18 dicembre 2014 di ammissione alla procedura di concordato preventivo proposta da F. s.p.a., su istanza del Pubblico Ministero, dichiarava il fallimento della succitata società.

Avverso la sentenza proponeva reclamo ex art. 18 l. fall. La fallita deducendo la nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 7 e 15 l. fall. Nonché l’erroneità della declaratoria di inammissibilità emessa dal Tribunale con riferimento alla seconda domanda di concordato preventivo presentata in data 28 maggio 2015 ai sensi dell’art. 161 co. 6 l. fall.

Il Fallimento si costituiva contestando il fondamento della impugnazione e insistendo per la reiezione del reclamo.

All’udienza del 1 ottobre 2015, all’esito della discussione, il Collegio si riservava la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di gravame la reclamante lamenta che il primo giudice abbia dichiarato il fallimento sostanzialmente d’ufficio, in difetto di una valida richiesta da parte del Pubblico Ministero, il quale, una volta venuto meno il procedimento ex art. 173 l. fall. a seguito della rinuncia alla domanda di concordato preventivo presentato dalla società, aveva perso la speciale legittimazione riconosciuta da quest’ultima norma, con l’effetto che la sentenza, ciononostante emessa dal Tribunale, doveva ritenersi nulla per violazione degli artt. 7.15 e 173 l.fall.

Sotto un ulteriore profilo la reclamante deduce la violazione del diritto di difesa posta in essere dal Tribunale per non aver concesso, in presenza di un’istanza di fallimento presentata dal Pubblico Ministero solo all’udienza fissata ex art. 173 l. fall. Il termine richiesto per poter replicare a tale istanza.

Con il secondo motivo la reclamante lamenta che il primo giudice abbia ritenuto inammissibile la seconda domanda di concordato presentata dalla società in data 28 maggio 2015 ai sensi dell’art. 161 co. 6 l. fall, dopo aver rinunciato alla precedente domanda in data 25 maggio 2015, sul rilievo che si era in presenza di un “comportamento strumentale, finalizzato a procrastinare i tempi al soddisfacimento del ceto creditorio, con conseguente lesione dei relativi diritti”.

Rileva la Corte che il primo motivo è fondato e merita pertanto accoglimento per le considerazioni che seguono.

Preliminarmente è opportuno richiamare lo svolgimento della procedura promossa dalla società reclamante con domanda ex art. 161 comma 6 l. fall. Depositata in data 5 agosto 2014 alla quale seguiva il decreto in data 18 dicembre 2014 con il quale il Tribunale di Milano ammetteva la predetta società alla procedura di concordato preventivo.

A seguito della segnalazione in data 19 marzo 2014 dei Commissari Giudiziali, il Tribunale apriva il procedimento per la revoca dell’ammissione di concordato preventivo ai sensi dell’art. 173 co. I l. fall. Convocando la debitrice davanti al Collegio e notiziando il Pubblico Ministero dell’apertura del procedimento di revoca. All’udienza del 28 maggio 2015 la società dava atto di aver rinunciato, con atto depositato il precedente 25 maggio, alla domanda di concordato preventivo e di avere presentato in data 28 maggio un autonomo ricorso ex art. 61 comma 6, l. fall. Chiedeva quindi un termine per il deposito di una memoria difensiva a seguito della presentazione all’udienza della richiesta di fallimento da parte del Pubblico Ministero e il Collegio si riservava di decidere anche in ordine a quest’ultima istanza. Con decreto in data 4 giugno 2015 il Tribunale, preso atto della rinuncia alla procedura di concordato preventivo presentata dalla reclamante e che tale rinuncia imponeva l’esame della richiesta di fallimento presentata dal Pubblico Ministero, revocava il decreto 18 dicembre 2014 di ammissione della società alla procedura concordataria e provvedeva quindi previa declaratoria di inammissibilità della seconda domanda di concordato, con separata contestuale sentenza a dichiarare il fallimento della società.

Tanto premesso, la reclamante lamenta, in primo luogo che il Tribunale abbia dichiarato il fallimento della società in accoglimento della richiesta presentata all’udienza del 28 maggio 2015 dal Pubblico Ministero non tenendo conto che, a seguito della rinuncia della domanda di concordato, il procedimento aperto ai sensi dell’art. 173 l. fall e la procedura concordataria si erano ormai conclusi e che pertanto la legittimazione speciale riconosciuta al Pubblico Ministero da quest’ultimo articolo era venuta meno. Di qui l’inevitabile corollario che la sentenza di fallimento emessa doveva ritenersi nulla in violazione degli artt. 7,15 e 173 l. fall. Avendo il Tribunale, anziché prendere atto dell’intervenuta rinuncia e quindi dell’estinzione della procedura concordataria con i conseguenti effetti in ordine alla legittimazione del pubblico ministero, pronunciato il fallimento d’ufficio o comunque in presenza di una non valida istanza di fallimento.

Rileva la Corte che il Tribunale, dopo aver revocato con decreto 4 giugno 2015 l’ammissione della reclamante alla procedura concordataria in conseguenza della rinuncia presentata in data 25 maggio 2015, ha con contestuale sentenza, dichiarato il fallimento della società respingendo, in primo luogo, la richiesta di concessione di un termine a difesa in relazione alla istanza presentata dal Pubblico Ministero, e ciò sul rilievo dell’attenuazione nella fattispecie in esame delle esigenze difensive in quanto nell’ambito del procedimento ex art. l. fall. “è lo stesso debitore che nel presentare la proposta e il piano concordatario già presuppone e conosce la ricorrenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e accetta il rischio di vedersi dichiarare fallito nel caso in cui la proposta venga ritenuta inammissibile ovvero il tribunale revochi l’ammissione alla procedura… <mentre> il ruolo del pubblico ministero si svolge al di fuori delle previsioni dell’art. 7 legge fallimentare, essendo lo stesso una delle parti del procedimento di revoca… e potendo lo stesso formulare in udienza, senza formalità, ma con evidente richiamo al contenuto della relazione e alle conclusioni <negative> dei commissari, la richiesta prevista dalla norma”. In particolare nella specie il Tribunale ha evidenziato che la società debitrice era a conoscenza della convocazione del Pubblico Ministero e quindi avrebbe potuto predisporre le sue difese in relazione ad un’eventuale istanza di fallimento presentata da quest’ultimo, tanto più che nel caso in esame il Pubblico Ministero si era limitato a richiamare la relazione dei Commissari senza allegare ulteriori elementi rispetto a quanto già prospettato da questi ultimi.

Premesso che qualora, come nella specie, l’istanza di fallimento venga presentata dal Pubblico Ministero solo all’udienza fissata ai sensi dell’art. 173 l. fall. E il debitore chieda la concessione di un termine a difesa, la S.C. ha stabilito che il termine deve essere concesso, e ciò “in linea con quanto previsto dalla L. Fall., art. 15, comma 4, soprattutto se la domanda di concordato è stata proposta deducendo uno stato di crisi e non di insolvenza” (v. Cass. N. 2130/2014), in ogni caso va condiviso l’assunto della reclamante circa la carenza di legittimazione del Pubblico Ministero a formulare l’istanza di fallimento nella specie.

E invero recentemente in ordine ai rapporti tra procedura fallimentare e concordarla si sono pronunciate le sezioni unite della S.C. con la sentenza n. 9935/2015 le quali, nell’affermare la priorità logica ed ontologica della soluzione concordataria rispetto a quella fallimentare, e quindi la valenza sistematica del principio di prevenzione, hanno statuito che “in pendenza di un procedimento di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell’art. 161, comma 6 l. fall., il fallimento dell’Imprenditore, su istanza di un creditore o su richiesta del PM, può essere dichiarato soltanto quando ricorrono gli eventi previsti dagli artt. 162,173,179 e 180 l. fall. E cioè, rispettivamente, quando la domanda di concordato sia stata dichiarata inammissibile, quando sia stata revocata l’ammissione alla procedura, quando la proposta di concordato non sia stata approvata e quando, all’esito del giudizio di omologazione, sia stato respinto il concordato”. In altri termini, in pendenza della procedura di concordato, in qualunque fase si trovi quest’ultima, “non può ammettersi il corso di un autonomo procedimento prefallimentare che si concluda con la dichiarazione di fallimento indipendentemente dal verificarsi di uno degli eventi previsti dalla l. fall. Art. 162,173,179 e 180”.

In relazione alla richiesta di fallimento del Pubblico Ministero formulata nell’ambito del procedimento aperto per la revoca della ammissione alla procedura di concordato ex art. 173 l. fall. La S.C. ha chiarito che quest’ultimo già informato della domanda ex art. 173 l. fall. La S.C. ha chiarito che quest’ultimo, già informato della domanda ex art. 161 l. fall., viene specificatamente informato dell’apertura della procedura di revoca e l’art. 173 l. fall. Disciplina compiutamente i poteri del Pubblico Ministero nell’ambito di detto procedimento, atteso che, da un lato la comunicazione di cui alla norma citata non è riconducibile alle segnalazioni che il giudice civile effettua ex art. 7 l. fall., “trattandosi di adempimento finalizzato all’eventuale richiesta di fallimento previsto dalla stessa disciplina del procedimento di revoca”, dall’altro, che la predetta richiesta non deve essere circostanziata dal fatto che l’insolvenza risulti nel corso di un procedimento penale o di segnalazione del giudice civile che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile ex art. 7 l. fall. (v. Cass. n. 9271/2014).

Orbene, nella specie, la richiesta di fallimento, in accoglimento della quale il Tribunale ha dichiarato il fallimento, è stata presentata dai PM all’udienza del 28 maggio 2015 fissata ex art. 173 l. fall. Dopo che il precedente 25 maggio 2015 la società aveva depositato atto di rinuncia alla domanda. Ne consegue che al momento della presentazione della richiesta la procedura di concordato,  e quindi il subprocedimento di revoca non era più pendente per essere venuto meno il suo presupposto, e cioè la domanda della debitrice. E invero la rinuncia alla domanda diversamente dalla rinuncia gli atti, non richiede l’adozione di forme particolari ed è immediatamente efficace anche senza accettazione delle controparti (al di là della difficoltà di configurare nella specie una controparte interessata alla prosecuzione della procedura concordataria) determinando il venir meno del potere-dovere del giudice di pronunciare e avendo il provvedimento del tribunale, che ne prende atto, natura meramente ricognitiva della volontà manifestata dalla parte.

Alla luce di tali principi deve concludersi che nella specie era venuta meno la speciale legittimazione a presentare la richiesta di fallimento del Pubblico Ministero riconosciuta dall’art. 173 l. fall. Il quale presuppone la diversa fattispecie della pendenza della procedura concordataria e della revoca dell’ammissione del debitore a detta procedura fondata sul positivo riscontro di quanto riferito dal Commissario Giudiziale, ragione per cui, non essendo la comunicazione ex art. 161 l. fall.. che il Tribunale dispone senza alcun preventivo vaglio, riconducibili alla segnalazione del giudice civile di cui all’art. 7 l. fall., che la dichiarazione di fallimento ciononostante emessa, vale a dire in assenza di una domanda di fallimento, avuto altresì riguardo all’impossibilità di un fallimento dichiarato d’ufficio, va revocata.

E’ invece infondato il secondo motivo di gravame con il quale la reclamante lamenta che il Tribunale abbia dichiarato inammissibile la seconda domanda di concordato con riserva presentata in data 28 maggio 2015 sull’”assunto- del tutto apodittico – … della strumentalità della nuova domanda di concordato sul presupposto che tale condotta sarebbe stata illuminata da un intento esclusivamente dilatorio, finalizzata cioè ad ottenere un /asseritamente indebito) prolungamento della protezione interinale offerta al debitore dalla legge a discapito dei creditori”.

In particolare tale conclusione non poteva condividersi alla luce della disciplina positiva, la quale stabilisce all’art. 161 comma 9 l. fall. Un unico elemento ostativo, consistente nel deposito nei due anni antecedenti di analoga istanza con riserva alla quale non sia seguita l’ammissione alla procedura di concordato preventivo ovvero l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione, fattispecie quest’ultima insussistente nella specie atteso che, a seguito della domanda di concordato con riserva presentata dalla società quest’ultima era stata ammessa alla procedura concordataria completa.

In secondo luogo – deduce la reclamante – la rinuncia alla domanda di concordato, una volta riconosciuta la legittimità di quest’ultima, nonostante la pendenza di un’istanza di fallimento non rende di per sé inammissibile la presentazione di una seconda domanda di concordato con riserva posto che in tal caso l’unica conseguenza prevista dall’ordinamento è la concessione del termine minio di 60 giorni, ragione per cui “lunico prezzo pagato dal creditore sarebbe il lieve ritardo nella dichiarazione di fallimento (non superiore, per appunto, a sessanta giorni), peraltro ininfluente ai fini del computo del termine per le revocatorie stante la pacifica applicabilità anche del concordato preventivo della tra procedure”. Ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, senz’altro ammissibile nella specie era la seconda domanda di concordato con riserva presentata dalla società reclamante, domanda che quest’ultima che pertanto precludeva la dichiarazione di fallimento della società la quale, anche per questo motivo doveva essere revocata e gli atti conseguentemente rimessi al Tribunale ai fini della concessione della società del termine di cui all’art. 161 comma 6 e 10 l. fall. per predisporre la nuova proposta di concordato. In ogni caso erroneamente il Tribunale aveva ritenuto l’inammissibilità della domanda sul rilievo di una presunta finalità frodatoria della medesima, atteso che quest’ultima trovava giustificazione nella circostanza che la società reclamante faceva parte di un gruppo, il gruppo F., di cui alcune società erano già state ammesse alla procedura concordataria.

Orbene, nel corso del procedimento le predette società avevano apportato significative modifiche ai rispettivi piani di concordato e ciò aveva determinato la necessità per il reclamante di elaborare una nuova strategia di risanamento sensibilmente differente rispetto a quello precedentemente ipotizzato. Per tale motivo – al di là della maggiore convenienza per il ceto creditorio della soluzione concordataria rispetto a quella fallimentare – è stato proposto un nuovo ricorso ex art. 161 comma 6 l. fall al fine di predisporre un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall., ovvero, in subordine, di depositare un nuovo piano e una nuova domanda di concordato, predisposizione che richiedeva, anche in considerazione della necessità di acquisire l’attestazione prevista dalla legge, un “adeguato margine temporale” certamente incompatibile con i tempi fisiologici della procedura e con l’apertura del subprocedimento ex art. 173 l.fall.

Rileva La Corte che il motivo non è fondato e va pertanto disatteso per le considerazioni che seguono.

E invero il Tribunale, pur in difetto di un’espressa statuizione di inammissibilità, ha ritenuto che la seconda domanda di concordato con riserva, presentata in data 28 maggio 2015 dalla reclamante, non precludesse la dichiarazione di fallimento “trattandosi di comportamento evidentemente strumentale, finalizzato a procrastinare i tempi di soddisfacimento del ceto creditorio, con conseguente lesione dei relativi diritti”.

Nonostante la sinteticità della motivazione sul punto adottata dal Tribunale la conclusione va condivisa in quanto che nella specie, in ordine alla presentazione di questa seconda domanda di concordato con riserva, è ravvisabile la fattispecie dell’abuso del diritto e, in particolare dello strumento concordatario come delineata ancora recentemente dalla S.C. E invero sul punto le Sezioni Unite hanno statuito che, nonostante gli interventi del legislatore per evitare un abusivo utilizzo dello strumento concordatario da parte del debitore attraverso la predisposizione di una serie di cautele (v. art. 161, co. 6,7,8 e 9 l. fall.) tale evenienza non può escludersi, e cioè che “il debitore possa presentare domande di concordato con o senza riserva, con una mera ed evidente finalità dilatoria. In questo caso, quando cioè lo scopo del debitore non è quello di regolare la crisi dell’impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma quello di differire la dichiarazione di fallimento, la proposta di concordato si deve considerare inammissibile secondo i principi affermati da questa Corte in tema di abuso del processo che ricorre quando con violazione dei canoni generali di correttezza e buona fede e dei principi di lealtà processuale e giusto processo, si utilizzano strumenti processuali per perseguire finalità precedenti o deviate rispetto a quelle per le quali l’ordinamento li ha predisposti” (v. da ultimo Cass. S.U. n. 9935/2015).

Alla luce dei suesposti principi deve concludersi che nella specie giustamente il primo giudice ha dichiarato l’inammissibilità della seconda domanda di concordato con riserva atteso che appare evidente la finalità meramente dilatoria della medesima.

E invero, come posto in luce dal Fallimento, non sono indicate dalla reclamante le possibili ragioni che avrebbero potuto giustificare la presentazione di una nuova domanda di concordato, atteso che sul punto la società si è limitata a enunciazioni assolutamente generiche e anche contraddittorie. Ove si ponga a mente di quanto esposto nel reclamo e a quanto ancor prima allegato nella memoria difensiva depositata nell’ambito del procedimento ex art. 173 l. fall. in data 9 aprile 2015 risulta evidente che in realtà questa seconda domanda è stata presentata senza che fosse concretamente prospettabile una diversa proposta di risoluzione della crisi.

In particolare nella memoria depositata il 9 aprile 2015 la società, dopo aver dato atto che era in corso di modifica il piano presentato in conseguenza della modifica del piano depositato dalla controllata F. s.r.l., comunicava che “a breve verrà depositata modifica della domanda definitiva di F.”. Nel reclamo quindi si deduce che la nuova domanda è stata presentata in data 28 maggio 2015 nell’ottica di predisporre un accordo di ristrutturazioni dei debiti ex art. 182 bis l. fall., ovvero, in subordine, di depositare il nuovo piano e la nuova domanda definitiva di concordato così non solo smentendo quanto affermato nella precedente memoria del 9 aprile 2015, ma dimostrando inoltre che in realtà nessuna ipotesi concreta di soluzione della crisi era in corso di predisposizione tanto è vero che della dedotta soluzione allo studio nulla è stato allegato atteso che nella domanda depositata il 28 maggio 2015 al di là della premessa che i piani concordatari delle altre società del gruppo avevano subito delle modificazioni, la società non solo non prospetta l’alternativa dell’accordo di ristrutturazione, cui pure secondo quanto si legge nel reclamo, la domanda era principalmente finalizzata ma si limita ancora a generiche allegazioni riferendo che “nelle more sono emersi elementi relativi all’attivo patrimoniale che potrebbero permettere un maggior realizzo per i creditori concordatari”, senza peraltro non solo indicare i predetti “nuovi” elementi ma inoltre senza enunciare sia pure i termini generali, le linee portanti della nuova proposta che, secondo quanto affermato nella memoria del 9 aprile 2015, “a breve” sarebbe stata presentata.

Alla luce delle considerazioni che precedono non può pertanto non condividersi la conclusione cui è pervenuto il Tribunale in ordine alla natura meramente dilatoria della seconda domanda di concordato, esclusivamente finalizzata a ritardare la risoluzione della crisi dell’impresa e il soddisfacimento dei creditori e quindi la natura abusiva della medesima diretta a scopi estranei a quelli suoi propri.

La reiezione del secondo motivo di gravame comporta che va disattesa l’istanza della reclamante di rimettere gli atti al Tribunale perché provveda ai sensi dell’art. 161, comma 6 l. fall. in ordine alla domanda di concordato con riserva presentata in data 28 maggio 2015.

Sussistono, in relazione alla natura delle questioni trattate, i presupposti di cui all’art 92, co. 2 c.p.c. per dichiarare integralmente compensate le spese del procedimento.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando:

1) in parziale accoglimento del reclamo proposto ex art. 18 l. fall. da F. s.p.a. revoca la sentenza n. 512/2015 in data 28 maggio – 4 giugno 2015 del tribunale di Milano nella parte in cui ha dichiarato, su istanza del Pubblico Ministero, il fallimento della società reclamante;

2) dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del procedimento.

Così deciso in Milano il 1 ottobre 2015

IL PRESIDENTE EST.

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