Cass. 14.10.2015 n. 20750 (sul privilegio spettante al professionista membro di associazione professionale)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio la Sentenza n. 20750 pubblicata in data 14.10.2015 dalla I sez. Civ. della Corte di Cassazione (relatore Dott. Massimo Ferro).

Il provvedimento affronta la nota e dibattuta questione relativa al privilegio spettante al professionista membro di un’associazione professionale.

L’impugnato decreto 26.05.2009 del Tribunale di Milano aveva infatti negato ad un avvocato, membro di un noto studio legale associato, il richiesto privilegio ex art. 2751 bis c.c. su prestazioni professionali rese a favore del fallito “quale membro” dell’associazione professionale.

La Suprema Corte rileva da subito la contraddizione insita nel mancato riconoscimento della qualità prelatizia per un credito riconosciuto in capo al singolo professionista.

Diventa quindi centrale stabilire se il cliente abbia conferito l’incarico dal quale deriva il credito al professionista oppure all’entità collettiva (associazione, studio professionale ecc.) nella quale, eventualmente, egli sia organicamente inserito quale prestatore d’opera qualificato.

Nel primo caso il credito ha natura privilegiata perché costituisce in via esclusiva o prevalente remunerazione dell’attività lavorativa. Nella seconda ipotesi, invece, il credito ha natura chirografaria perché il corrispettivo riferibile al singolo professionista è configurabile solo come una voce del costo complessivo di un’attività che è, essenzialmente, imprenditoriale.

La Corte, infine, ricorda di aver già escluso che il credito privilegiato nascente dal rapporto negoziale che si instaura tra il cliente ed il singolo professionista degradi a chirografo nel caso in cui sia oggetto di cessione all’associazione cui il professionista stesso appartiene.

Al contrario, essendo questa la sola ipotesi in cui anche allo studio associato sarà legittimato a far valere il diritto al privilegio, va escluso che l’intestazione all’associazione professionale dell’avviso di notula abbia efficacia determinante.

Buona lettura.

Simone Giugni

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                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
                        SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI  Aldo                            -  Presidente   -
Dott. NAPPI       Aniello                         -  Consigliere  -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria                      -  Consigliere  -
Dott. FERRO       Massimo                    -  rel. Consigliere  -
Dott. NAZZICONE   Loredana                        -  Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:
                     sentenza
sul ricorso proposto da:
            S.G.,  rappr.  e  dif. dagli  avv.  ____________________,
____________________e ____________________, elett. dom. in Roma,
____________________, nello studio del terzo, come da procura  a
margine dell'atto;
                                                       - ricorrente -
                               contro
____________________s.r.l. in liq. ed in amm.str.,  in  persona  dei
comm.str.  p.t.,  rappr.  e  dif.  dagli  avv.  ____________________e
____________________, elett. dom. presso  lo  studio  del
secondo, in Roma, via ____________________, come da procura in calce
all'atto;
                                                 - controricorrente –

per la cassazione della sentenza Trib. Milano 26.5.2009 n. 7017/2009;
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del
giorno  16  settembre  2015 dal Consigliere  relatore  dott.  Massimo
Ferro;
uditi  gli  avvocati F. Elefante per il ricorrente e  _______________
per il controricorrente;
udito  il  P.M.  in persona del sostituto procuratore generale  Dott.
SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Il PROCESSO

S.G., avvocato, impugna il decreto Trib. Milano 26.5.2009 con cui venne respinta la sua opposizione al decreto reiettivo della domanda di ammissione al passivo del suo credito professionale, disattesa sul punto del riconoscimento della causa di prelazione invocata ai sensi dell’art. 2751 bis c.c., n. 2, e L. Fall., art. 54, a titolo di compenso per prestazioni rese alla società ____________________s.r.l. in amministrazione straordinaria.

Come già in sede di verifica dei crediti il giudice delegato, il quale aveva ammesso il credito al chirografo, per come insinuato e quanto all’importo di Euro 8.938,51 complessivi (risultante da due distinte prestazioni professionali), anche il tribunale ebbe così a negare il riconoscimento del privilegio, assumendo non esistente alcuna controversia in punto di “titolarità dei crediti” e “toro quantificazione”, ma rilevando che il pacifico svolgimento dell’attività professionale da parte dell’avvocato opponente “quale membro dello Studio legale ____________________e nell’ambito del contesto organizzativo di questo studio” costituiva di per sé condizione ostativa all’accoglimento completo della domanda. Osservò invero il collegio milanese che la norma invocata era di stretta interpretazione, attenendo alle prestazioni imputabili al professionista contemplato uti singulus e così negandosi che del medesimo trattamento, derogatorio della par condicio creditorum ed al pari delle altre ipotesi meritevoli di cui alla tassativa elencazione di cui all’articolo codicistico, potesse beneficiare il professionista membro di un’associazione professionale, soprattutto se di dimensioni medie o grandi. La natura squisitamente retributiva del credito azionato e la stretta personalità della prestazione erano peraltro elementi, assenti nella fattispecie, ostativi altresì ad un’operazione ermeneutica di tipo estensivo.

Il ricorso è affidato a due motivi, la procedura fallimentare resiste con controricorso, vi sono memorie di entrambe le parti ex art. 378 c.p.c..

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2751 bis c.c., n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo errato il tribunale ove ha disconosciuto il privilegio ai crediti dell’avvocato ricorrente a causa delle dimensioni dello studio professionale in cui egli aveva prestato la sua attività.

Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione ancora dell’art. 2751 bis c.c., n. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo errato la pronuncia ove la indicata appartenenza dell’avvocato professionista allo studio professionale avrebbe incrinato la personalità della prestazione resa in quel contesto.

I due motivi di ricorso, da trattare unitariamente per l’evidente connessione, sono fondati, osservando questa Corte che la pronuncia del tribunale da bensì atto che l’avvocato S.G. risulterebbe sia titolare del credito sia creditore per l’intera somma insinuata ed ammessa, salve le connotazioni di grado e qualità connesse all’esito della propria domanda e tuttavia rimarca l’esercizio di un’attività professionale del medesimo “quale membro dello Studio legale ____________________e nell’ambito del contesto organizzativo di questo studio”. Tale doppia enunciazione integra un accertamento di fatto, sinteticamente ma inequivocamente premesso dal giudice che – al di là della lunga dissertazione successiva sui presupposti dell’art. 2751 bis c.c., n. 2 – comunque dimostra di aver ricostruito la fattispecie concreta indicandone con chiarezza anche le fonti di prova e però, anche in base ai limiti della domanda dei commissari straordinari, non ponendo in discussione sia l’accertamento del credito sia la sua riferibilità proprio all’avvocato S., infatti ammesso allo stato passivo in via chirografaria.

Ne consegue la contraddizione di un credito riconosciuto in capo al singolo professionista e come tale, ma disatteso nella sua qualità prelatizia, benché invocata dal medesimo, asserzione che ha rinvenuto nella pronuncia una coppia di paradigmi esplicativi direttamente incidenti non sulla fattispecie concreta (per vero assente nella ricognizione critica dell’impugnante), ma proprio sulla latitudine operativa della norma applicata, l’art. 2751 bis c.c., n. 2, circoscritta – per i giudici milanesi – ai crediti dei prestatori d’opera intellettuale svolgenti attività in un contesto organizzativo di modeste dimensioni, con riflessi negativi sulla natura retributiva del credito e la personalità della prestazione resa allorquando tale contesto non sia rinvenibile in una coalizione cooperativa, come lo studio professionale di dimensioni medie o grandi o l’associazione professionale.

L’assunto non appare condivisibile. Come statuito in recente arresto di questa Corte, la questione va invero inquadrata apprezzando se il giudice di merito abbia risposto al quesito “se il cliente abbia conferito l’incarico dal quale deriva il credito a lui personalmente ovvero all’entità collettiva (associazione, studio professionale) nella quale, eventualmente, egli è organicamente inserito quale prestatore d’opera qualificato”, conseguendone che “nel primo caso il credito ha natura privilegiata, in quanto costituisce in via prevalente remunerazione di una prestazione lavorativa, ancorché necessariamente (ossia a prescindere dal fatto che lo studio sia nella titolarità di un singolo o di più professionisti) comprensiva delle spese organizzative essenziali al suo autonomo svolgimento, mentre nel secondo ha natura chirografaria, perché ha per oggetto un corrispettivo riferibile al lavoro del professionista solo quale voce del costo complessivo di un’attività che è essenzialmente imprenditoriale”. (Cass. 4485/2015, sulla scia di 22439/2009). Tale interrogativo, come anticipato, è stato oggetto di contraddittorio e di esplicita pronuncia nel primo senso, sul punto priva di contestazione o smentita puntuale e dunque essa, di per sé, toglie ogni valore alle ulteriori affermazioni, degradabili a livello di osservazioni non pertinenti rispetto alle premesse, pur rese dal tribunale, ove si dubita che la prova del conferimento del mandato al singolo avvocato, che faccia parte dell’associazione, sia in grado di dimostrare che la sua electio si sia appuntata sulla sua persona in quanto tale e non piuttosto in quanto componente di “uno studio assai noto ed accreditato”. Si tratta di una proposizione del tutto disallineata non solo, come visto, rispetto alla ricognizione concreta della prestazione (pacificamente resa da S.G. e come avvocato, infatti già ammesso allo stato passivo), ma anche avendo riguardo alla gittata della disposizione normativa applicata, nel cui perimetro non è instaurabile alcuna presunzione delimitativa della personalità della prestazione stessa ove erogata da un professionista (per di più ordinistico) correlato organizzativamente ad altri in un contesto associato.

Né la portata della “intestazioni” degli avvisi di parcella, alla base della motivazione ripresa dal tenore del decreto del giudice delegato, si muta in fattore decisivo per la ribadita eccettuazione dal privilegio, una volta ammesso il credito e dunque la sua imputabilità a prestazione effettuata dal richiedente singolo avvocato insinuato con successo al passivo. Tanto più che, oltre che nel precedente citato, anche per altre vicende questa Corte ha avuto modo di puntualizzare che va escluso che il credito privilegiato nascente dal rapporto negoziale che si instaura fra il cliente ed il singolo professionista degradi a chirografo nel caso in cui sia oggetto di cessione all’associazione cui il professionista appartiene (meccanismo in astratto compatibile con una dissociazione tra svolgimento unipersonale del mandato e contabilizzazione finale del credito): al contrario, essendo questa la sola ipotesi in cui anche lo studio associato sarà legittimato a far valere il diritto al privilegio (Cass. 11052/2012, 18455/2011), ciò impone, per la fattispecie in esame, di escludere che la “intestazione” dell’avviso di parcella sia di per sè elemento risolutore.

L’accoglimento del ricorso, pur se su una questione di mero inquadramento tipologico del credito, impone a questa Corte, con la cassazione della decisione impugnata, di rinviare al giudice del merito, per la necessità di ulteriore, attività istruttoria, ex art. 384 c.p.c., comma 2, in punto di esatta determinazione degli altri crediti patimenti richiesti in via privilegiata ma la cui sorte solo in parte discende dalla fondatezza della censura esaminata avendo riguardo al credito per il capitale della prestazione professionale. Al giudice del rinvio competerà altresì la liquidazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 16 settembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2015

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