Trib. Bolzano 30.04.2015 (sul giudizio dei creditori nel concordato preventivo)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio il decreto reso dal Tribunale di Bolzano lo scorso 30.04.2015.

Il provvedimento, con ampia motivazione, affronta sia il tema dei confini tra il giudizio di fattibilità giuridica rimesso al Tribunale e quello di convenienza (o fattibilità economica) rimesso ai creditori sia quello delle azioni di responsabilità nel concordato preventivo.

Nel rigettare un’istanza di revoca ex art. 173 L.F. per atti di frode, il Collegio conferma che il giudizio di attendibilità della previsione del realizzo dei crediti (sulla base di nozioni quali solvibilità dei debitori, garanzie prestate, pendenza di controversie ed altri eventuali fattori) spetta esclusivamente ai creditori, i quali sono chiamati ad esprimere il loro giudizio sulla base delle informazioni fornite dal Commissario Giudiziale in ordine all’osservanza da parte del debitore del principio di prudenza nell’esposizione dei dati aziendali.

A carico del debitore rimane ovviamente l’obbligo di indicare con precisione l’attivo potenzialmente realizzabile. A questo scopo non può essere occultata l’esistenza del residuo attivo che potrebbe derivare dall’esercizio dell’azione sociale di responsabilità.

Rientra quindi tra i compiti primari e fondamentali del Commissario Giudiziale quello di evidenziare in modo chiaro ed analitico le eventuali responsabilità in capo ad amministratori, sindaci e revisori della società in concordato e ciò, si ribadisce, al fine di rendere edotti i creditori di tutti i fatti rilevanti per consentire loro l’espressione di un voto consapevole, anche con riferimento alle diverse discipline che regolano le azioni risarcitorie verso gli organi sociali nel concordato preventivo da un lato e nel fallimento dall’altro.

A questo proposito, in sede di motivazione il Collegio sfiora un tema che richiederebbe indubbiamente maggior approfondimento, evidenziando come l’azione sociale di responsabilità non sarebbe proponibile in sede concordataria in assenza di espressa deliberazione assembleare.

Il Tribunale di Bolzano, pertanto, conclude affermando che il mancato avvio di un’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, o la semplice omissione di notizie in merito, non costituiscono di per sé giusta causa di revoca della domanda ex art. 173 L.F. in quanto spetterà ai creditori esprimersi sulla convenienza della proposta formulata dal debitore.

Buona lettura.

Simone Giugni

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI BOLZANO – LANDESGERICHT BOZEN

UFFICIO FALLIMENTARE – KONKURSABTEILUNG

Il Collegio, composto dai seguenti Magistrati:

Dott.ssa F. Bortolotti           Presidente rel.

Dott. Stefan Tappeiner        Giudice

Dott.ssa Elena Covi              Giudice

Ha emesso il seguente

 

DECRETO DI NON LUOGO A PROCEDERE

ALLA REVOCA (art. 173 L.F.)

Del concordato preventivo della società  SPA, ***

OSSERVA

 

I. In data 3.2.2015 i Commissari Giudiziali hanno depositato la propria relazione ai sensi dell’art. 172 LF, segnalando in estrema sintesi,

A) l’assenza della fattibilità giuridica per il concreto rischio della corresponsione ai chirografari di una percentuali irrisoria in una misura compresa fra lo 0,46% e l’i,38% delle rispettive pretese, anziché della percentuale prossima al 23% prospettata dalla debitrice.

Due sono in particolare le poste che a parere dei Commissari vanno a diminuire notevolmente l’attivo: in primo luogo, l’azzeramento sia della partecipazione di . in       Immobiliare, pari a ca. 1.000.000 di euro, che del credito di             verso quest’ultima pari a ca. 3.000.000 di euro.

Secondo fattore decisivo che incide a parere dell’organo commissariale in modo determinante sull’abbattimento dell’attivo a disposizione del ceto chirografario, sono le prededuzioni maturate sui rapporti bancari di cui        non ha chiesto la sospensione e/o lo scioglimento ai sensi dell’art. 169 bis LF.

Terza componente che ha indotto i Commissari ad una valutazione peggiorativa rispetto alla proposta di            è rappresentata dal  credito di questa verso D.G.F. srl per un importo di c. 1.600.000 euro, integralmente svalutato, in quanto postergato rispetto a tutti gli altri crediti, in applicazione del disposto di cui all’art. 2467 cc.

Infine, come quarta componente peggiorativa rispetto alle previsioni del piano, i Commissari hanno individuato un minor valore di realizzo della partecipazione nella                 , pari a euro 311.919, contro un valore di euro 1.096.500 stimato dalla debitrice.

L’organo commissariale ha osservato che la corresponsione ai chirografari di un importo siffatto rischia di tradursi seriamente nella previsione di una percentuale irrisoria, idonea a impattare sul requisito della fattibilità giuridica del concordato e quindi sulla causa in concreto, che diviene irrealizzabile, in quanto nessun obiettivo comune – fra imprenditore e creditori – è più possibile. Non si tratta, infatti più di una discrezionalità valutativa, ma di una vera e propria difformità fra proposte intrinsecamente e sostanzialmente diverse fra loro.

A tale riguardo, la Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno avuto modo di affermare che, “in tema di concordato preventivo, il giudice ha il dovere di esplicitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall’attestazione del professionista, mentre rimane riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano e i rischi inerenti. Il menzionato controllo di legittimità si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo, e si attua verificandosene l’effettiva realizzabilità della causa concreta: quest’ultima, peraltro, da intendersi come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”.

Orbene, atteso che la causa del concordato è costituita dalla regolazione della crisi d’impresa e dal soddisfacimento, ancorchè modesto, dei creditori, la previsione di un pagamento irrisorio – non consentendo all’accordo tra debitore e creditori di assolvere alla propria funzione economico-sociale – rappresenta una circostanza idonea a determinare l’improseguibilità dell’iter concordatario.

B) Vari atti potenzialmente rilevanti ai sensi dell’art. 173 LF, consistenti in : pagamenti di crediti anteriori non autorizzati; occultamento di 3 autoveicoli; integrale svalutazione di mobili e macchinari non giustificati; scorretta indicazione fra il passivo di un potenziale debito derivante da un contenzioso ( ) per l’importo di 600.000 euro; assenza della perizia ai sensi dell’art. 160, secondo comma LF per l’IVA di rivalsa.

 

II. Il Tribunale, prendendo atto delle segnalazioni di fatti potenzialmente rilevanti ai sensi dell’art 173 LF, con provvedimenti dd. 4.2.2015 ha revocato l’ordinanza dei creditori fissata per il 25.2.2015, ha convocato la                     e i Commissari dinnanzi al collegio in camera di consiglio per l’udienza del 24.2.2014 aprendo il procedimento di revoca dell’ammissione al concordato preventivo ai sensi dell’art. 173 LF e dell’eventuale dichiarazione di fallimento, assegnando termine fino a 5 giorni prima per il deposito di memorie.

Con istanza del 5.2.2015 la Procura della Repubblica ha chiesto che venisse dichiarato il fallimento della                         , cui seguiva decreto  da parte del Tribunale di assegnazione dei termini a difesa.

Depositava propria memoria difensiva.

All’udienza del 24.2.2015, costituitosi anche il creditore fallimento                            spa, dopo ampia discussione e concentratasi in particolare sulla valutazione di            immobiliare srl e sulla disciplina applicabile ai contratti bancari, il Collegio ha assegnato alle varie parti ed al perito dott.   Termine per integrazioni, memorie e repliche, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, riservandosi all’esito la decisione.

In seguito il Tribunale, ad un nuovo e completo esame di tutta la documentazione dimessa, ha ravvisato la necessità di un integrazione della relazione –ai sensi dell’aert. 172 LF- dell’organo commissariale, invitando lo stesso, con decreto dd. 24.3.2015

“1) a voler precisare se e da quando        SPA operava in patrimonio netto negativo, tenendo conto delle irregolarità commesse nella redazione dei propri bilanci e segnalate dagli stessi CC.GG nelle loro relazioni, nonché dei bilanci

a)        di                                spa, come rettificati dalla società di revisione     nel fallimento della predetta;

b)                    immobiliare srl;

in particolare, indichino gli elementi specifici su cui si basa la loro valutazione;

2)        a quantificare il presumibile danno attribuibile ad amministratori e sindaci per l’eventuale violazione degli obblighi derivanti dalla legge;

3)        a prendere posizione in ordine alla proposta transattiva formulata dalla famiglia   nell’ambito delle procedure                                         spa e   spa;

4)        a elencare i contratti bancari in essere, precisando per ognuno

a)        la tipologia del contratto

b)        se dopo la data di presentazione della domanda vi siano state movimentazioni, indicando tipo e misura delle stesse”.

Il Tribunale ha quindi fissato termine fino al 30.04.2015 per il deposito delle integrazioni richieste ai Commissari Giudiziali, riservandosi all’esito la decisione.

 

III.       In data 1.4.2015       ha depositato istanza di concessione di un termine per memorie, cui il Tribunale non ha dato riscontro per un motivo ben preciso, nonostante i continui solleciti da parte ricorrente: si attendeva, infatti, l’integrazione richiesta all’organo commissariale, onde decidere se proseguire con la procedura di revoca (in questo caso il termine sarebbe stato concesso), ovvero di arrestare la stessa e dare ulteriore corso alla procedura di concordato.

Allo stato, pertanto, ritenendo il Tribunale non procedere alla revoca del concordato preventivo per i motivi che di seguito verranno specificati, non accoglie la richiesta di concessione di termini per il deposito di memorie e documenti, rappresentando la relazione dd. 30.04.2015 redatta dai Commissari mero atto integrativo di quella ai sensi dell’art. 172 LF.

Si ricorda, infatti, che non vi è alcuna previsione normativa che consenta al debitore di replicare per iscritto alla relazione commissariale, se non oralmente in sede di adunanza dei creditori, ovvero mediante memorie nell’ambito del giudizio di omologa.

Il Tribunale dichiara conseguentemente gli atti e le memorie depositati da  in data 29.04.2015 irricevibili.

 

IV.       Quanto agli aspetti attinenti alla revoca del concordato preventivo, è necessario soffermarsi ad analizzare due questioni giuridiche fondamentali:

A) la sussistenza o meno della fattibilità giuridica del concordato, intesa quale causa in concreto destinata al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e all’assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro;

B) la sussistenza o meno di atti di frode che giustificherebbero la revoca del concordato preventivo;

A) Sulla fattibilità del concordato preventivo.

I commissari giudiziali, in seguito all’instaurazione del contraddittorio nel presente procedimento, hanno rettificato la loro iniziale previsione di soddisfacimento del ceto creditorio, determinata tra lo 0,46% e l’1,38% (percentuale che senza dubbio non avrebbe corrisposto al principio della regolazione della crisi ex parte creditoris, con indubbia mancanza di fattibilità giuridica del concordato) portandola in un secondo momento, anche in seguito alle pretese avanzate dal Sig.         per la refusione delle spese già sostenute e per quelle ancora da sostenere per il ripristino del terreno presso cui era esercitata l’attività del c.d. ramo cava, ad una misura compresa fra il 1,53% (worst case) e 11,45 (best case), contrariamente alla previsione di soddisfacimento del 23% determinato dalla ricorrente.

Si rinvia, per un’analisi schematica delle varie ipotesi prospettate dall’organo commissariale – worst case e best case -, quanto all’attivo concordatario, alle pagine 18 e 19 dalla relazione dd. 6.3.2015, e quanto al passivo concordatario alle pagine 30 e 31 della stessa relazione.

I Commissari sono giunti, sostanzialmente, alla predetta variazione (quindi da una misura compresa tra lo 0,46% e 1,38% a quella compresa fra l’1,53% e l’11,45%), tenendo conto di alcuni nuovi elementi emersi durante il contraddittorio e degni di valutazione:

a)        Previsione di incasso del credito di euro 1.050.000 (e non euro 1.600.000, come prospettato nel piano di          , importo inizialmente azzerato dai Commissari) da parte di D.F.G. srl, la cui determinazione si è basata sulle seguenti considerazioni: i) rinuncia da parte dell’avv.  Di un credito per un importo di euro 375.000 verso DGF; ii) debiti maturandi in capo a                     da rimborsare con preferenza rispetto alle pretese                      ; iii) accordo con l’altro socio finanziatore           con previsione di un trattamento paritetico.

Il Collegio segnala comunque che  non ha chiarito modalità, rischi ed eventuali problematiche legata al passaggio di denaro dalla società rumena srl.

Per maggior chiarezza a tal proposito è utile ricordare brevemente la genesi del credito de qua. Come evidenziato dalla ricorrente           nel proprio ricorso dd. 28.2.2014 a pag 45: “in esito ad una complessa operazione di ristrutturazione del debito all’epoca sussistente nei confronti di                   , al fine di fare fronte alla richiesta di pagamento della fideiussione a suo tempo rilasciata in favore della           srl (oggi            srl), stipulava con                 un contratto di finanziamento per un importo complessivo di euro 8.400.000, dei quali euro 8.044.000 venivano poi versati, con apposito accordo del 19.12.2011, a titolo di finanziamento della             srl”.

Partecipa oggi con il 10% in           srl (85% è di Immobiliare ed il restante 5% di               srl); verso la fine del 2011, come sopra emerso,           aveva concesso un finanziamento di euro 8.044.000 a favore di                        , già     srl, al fine di consentire a    di chiudere lo sconfinamento aperto presso       sorto a seguito della concessione di un finanziamento del 2008 per l’acquisto di un terreno in                 (Romania). Tale finanziamento fu poi versato nelle casse della       srl (società rumena), la quale ha poi acquistato il terreno menzionato della società rumena SRL. Successivamente il terreno è stato ceduto alla società rumena                        (proprietario delle quote                in nome di     come indicato nella proposta di concordato) al prezzo di euro 12.500.000, oltre ad Iva, con pagamento garantito da effetto cambiario, di cui euro 14.875.000 garantito da ipoteca sul terreno, ove l’effetto cambiario è stato poi girato a    in restituzione del finanziamento ottenuto per l’acquisto del terreno da    . Con apposito accordo dd. 19.12.2011    si era impegnata a destinare al rimborso a favore della ricorrente, in via prioritaria rispetto a quanto dovuto alla            , il ricavato della vendita del terreno di    di proprietà della                 ;

con atto di citazione la                    in data 18.2.2015 ha convenuta     ,           e alcuni esponenti della famiglia            chiedendo in via principale la nullità del contratto di finanziamento del 19.12.2011, e seguenti accordi attuativi, in quanto avente ad oggetto la destinazione in via preferenziale (e a scapito di               ) dal ricavato della vendita dell’immobile di proprietà della società rumena.

b)        Diminuzione di una parte delle spese maturate in prededuzioni, che i Commissari avevano imputato ai contratti bancari (a loro modo di vedere ancora in corso di esecuzione), non più giustificate in presenza di dichiarazioni da parte di alcuni istituti di credito, con cui questi manifestano la volontà di congelare o sospendere il rapporto con la correntista           .

c)         I Commissari inseriscono, nella prospettazione del best case, l’offerta irrevocabile di acquisto proveniente dalla                 , con termine 31 maggio 2015 (trattasi della nuova offerta di data 13.02.2015, mentre la precedente offerta di data 21 gennaio 2015 con validità di trenta giorni doveva considerarsi scaduta) della partecipazione della                       in                    , esprimendo nella loro memoria di data 06.03.2015 peraltro la convinzione della non realizzabilità di tale negozio, a causa della presenza di una clausola che condizionerebbe l’efficacia della proposta al fatto che entro il relativo termine di validità della stessa il terzo socio si obblighi a vendere la propria quota alla offerente. Solo successivamente in sede di seconda memoria di data 20.03.2015 presentata da Ho., la stessa ha prodotto la dichiarazione del terzo socio che si dichiara disponibile alla vendita della propria quota.

d)        Una notevole incidenza sulla variabilità della percentuale di soddisfacimento dei creditori (1,53% – 11,45%), poi, svolgono le previsioni di utilizzo o meno delle fideiussioni prestate da                     a favore di Istituti di credito che hanno finanziato società collegate o controllate, oltre che la potenziale posta passiva per responsabilità di                       verso                          per direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 cc.

Riassumendo, quindi, l’organo commissariale giunge, sulla base delle valutazioni e argomentazioni sopra brevemente esposte, a determinare una percentuale di soddisfacimento nella misura compresa fra l’1,53 e l’11,45%.

Ci si deve ora chiedere se tale previsioni consenta al Tribunale di ipotizzare una causa di revoca del concordato preventivo.

Premesso che il giudizio sull’attendibilità della previsione di realizzo dei crediti (quanto a solvibilità dei crediti, garanzie prestate, pendenza di eventuali controversie, e in genere, l’esistenza di altre circostanze idonee ad impedirne o a ritardarne la riscossione) “spetta in linea di principio al Commissario Giudiziale, nell’ambito delle verifica che egli è tenuto a compiere, dopo l’apertura della procedura, in ordine all’osservanza da parte del debitore del principio di prudenza nell’esposizione dei dati aziendali, ai fini della relazione da sottoporre ai creditoria, ai sensi degli artt. 172 e 175 LF” (cfr. da ultimo Cass. 22054/2014), il Tribunale ritiene che la valutazione di un concordato che preveda un range di soddisfacimento fra il 1,53 % e l’11,45% spetti al ceto creditorio in quanto avente ad oggetto la valutazione economica di numerose poste che potrebbero fare “pendere l’ago della bilancia” in un senso o nell’altro. E proprio la valutazione di queste diverse poste dipenderà dalle considerazioni e dalle previsioni che ciascun creditore farà a sua discrezione, in base ovviamente a tutte le informazioni che gli sono state messe a disposizione dai Commissari Giudiziali rispettivamente nelle relazioni dd. 3.2.2015, dd. 6.3.2015 e dd. 30.04.2015.

E’ ben vero che il controllo giudiziale non è solo ed esclusivamente di legittimità (come hanno detto le Sezioni Unite nel 2013, assunto poi confermato da svariate pronunce della Cassazione rispettivamente dd. 9.5.2013, 27.5.2013, 25.9.2013, 6.11.2013, 30.4.2014, 22.5.2014, 17.10.2014, e da ultimo dd. 29.1.2015, per ribadire che “la fattibilità giuridica – intesa come compatibilità delle modalità di attuazione della proposta con le norme giuridiche vigenti” costituisce “imprescindibile condizione di ammissibilità del concordato, la cui mancanza, comportando l’impossibilità di dare esecuzione alla proposta, può e deve essere rilevata dal giudice d’ufficio – in ogni fase del procedimento – indipendentemente dalla preclusione già verificatesi a carico delle parti”), ma può estendersi anche al merito, purché ancorato a dati ed elementi sufficientemente certi (ricorrono spesso le espressioni nelle pronunce della Cassazione “manifestamente”, “prima facie”), restando escluse prognosi di non realizzabilità del piano fondate su valutazioni meramente probabilistiche.

E’ noto che in punto di convenienza il sindacato del Tribunale è pieno solo in sede di omologa e su specifica contestazione dei creditori appartenenti ad una classe dissenziente o in assenza di classi, che rappresentino il venti per cento dei crediti ammessi al voto.

Una valutazione di analoga natura è, infine, solo prevista per il concordato in continuità aziendale, dall’art. 186 bis LF, che consente al Tribunale di provvedere alla revoca dell’ammissione al concordato ex art. 173 LF, ove l’esercizio dell’attività risulti manifestamente dannoso.

Sulle base delle argomentazioni sopra esposte, in conclusione, il Tribunale ritiene che spetti esclusivamente ai creditori chirografari esprimere un giudizio consapevole, cosciente ed informato sulla convenienza economica della proposta concordataria rispetto all’alternativa fallimentare; e ciò sulla base di approfondite analisi che spettano all’organo commissariale e formalizzate, nel caso di specie, nella relazione dd. 3.2.2015 (ai sensi dell’art. 172 LF), rettificata in seguito a contraddittorio con la debitrice con relazione dd. 6.3.2015, ed infine, integrata, su richiesta del Tribunale, con relazione dd. 30.4.2015.

B) Sugli atti di frode e le condizioni prescritte per l’ammissibilità.
Crediti rivalsa IVA
va da subito anticipato che la debitrice ha sanato il rilievo riguardante la non fattibilità giuridica afferente il trattamento del credito per IVA da rivalsa, con il deposito della perizia ex art. 160, comma 2 LF dd. 13.2.2015, integrata con perizia depositata in data 22.2.2015, da cui emerge chiaramente la volontà della debitrice di degradare al chirografo tale posta.

Pagamenti debiti pregressi in assenza di autorizzazione

All’udienza del 24.2.2015 la debitrice, per il tramite del proprio legale, ha consegnato all’organo commissariale n. 4 assegni circolari dell’importo complessivo di euro 19.648,85 a titolo di refusione dei pagamenti di debiti pregressi eseguiti dopo il deposito della domanda di preconcordato.

Anche questo irregolarità risulta essere pertanto sanata. Occultamento e sottovalutazione di alcune poste dell’attivo.
La debitrice ha dichiarato di voler recepire le considerazioni espresse dai Commissari in proposito, chiarendo che nel perimetro dell’offerta ai creditori vanno incluse anche quei cespiti – tre autocarri e la voce “macchinari, impianti e altri beni”- che non erano stati ricompresi. Ritiene il Tribunale che correttamente l’organo commissariale abbia evidenziato la duplice omissione da parte debitrice, che peraltro si ritiene sanata con l’inclusione dei cespiti nell’attivo concordatario. Il Tribunale comunque non nasconde qualche perplessità sulla correttezza del comportamento della debitrice, soprattutto per quanto attiene la voce “macchinari, impianti e altri beni”: si ricorda, infatti, che Ho. ha azzerato ai fini concordatari alcuni cespiti, rappresentati da un cospicuo numero di arredi da uffici, computer, attrezzature varie, ubicati in parte presso la sede dell’impresa, in parte presso uno studio legale di                 , a fronte di un costo di acquisto di euro 391.350,00 e un valore contabile di euro 9.109,00. Esposizione di passività insussistenti. Ad avviso dei Commissari la debitrice avrebbe inserito nel proprio passivo, incrementandolo, oneri riconducibili, in via esclusiva, alla              (proprietari degli immobili e destinata a percepire gli utili dell’operazione) con conseguente compressione delle aspettative di soddisfacimento dei creditori                    .

Secondo la difesa della ricorrente la mancata rilevazione nel contesto arbitrale del difetto di legittimazione di         in luogo della                                    sarebbe di fatto da ricondurre ad un mero errore e non ad una scelta consapevole. Pur esprimendo i Commissari i propri dubbi in relazione a tale giustificazione, come si legge a pagina 33 della relazione dd. 6.3.2015 (“…Ed invero: (i) sin dalle prime interlocuzioni con i commissari, l’impiegato contabile di Ho. ha evidenziato la carenza di legittimazione passiva della ricorrente, a riprova del fatto che la circostanza era senz’altro nota alla società; (ii) tenuto conto che                       e                                   sono entrambe riconducibili alla famiglia                        , appare francamente poco credibile che la società debitrice, convenuta dal sig.      , non si sia avveduta del fatto che gli immobili oggetto dell’associazione in partecipazione erano quelli ricompresi nel patrimonio della                            (e non di            ). A tale stregua, non può escludersi che la scelta di non chiamare in causa la                     sia stata dettata dalla volontà di non far gravare sulla predetta società le potenziali passività scaturenti dall’arbitrato, “sfruttando” l’errore commesso dal sig. P. nell’individuazione del soggetto da convenire in giudizio. In ogni caso, i commissari prendono atto della disponibilità manifestata dalla                                  (e dagli amministratori di                 , ancorché allo stato soltanto informalmente) di tenere indenne la ricorrente dalle passività in ipotesi scaturenti dal giudizio arbitrale promosso dal sig.  ), gli stessi esprimo un parere favorevole, in considerazione della promessa cui si è appena fatto cenno.

Il Tribunale, allo stato non ravvisa gli estremi di un comportamento rilevante ai sensi dell’art. 173 LF, rimanendo peraltro in attesa di una formalizzazione di tale proposta, conseguentemente riservandosi la possibilità di modificare la propria determinazione sul punto in questione.

Altri atti di frode rilevanti ai fini della revoca del concordato.
La procedura fallimentare                        spa in qualità di creditore di          , costituitasi all’udienza fissata per la revoca della procedura concordataria, oltre a condividere pienamente le considerazioni dell’organo commissariale sulle valutazioni (negative) di   Immobiliare, che a suo giudizio continua a presentare un patrimonio netto negativo (sarà eventualmente compito del P.M., parte del presente procedimento, fare le valutazioni sul punto per porre in essere gli eventuali atti di sua competenza), ritiene che sarebbero ravvisabile atti di frode rilevanti ai fini delle revoca del concordato, fra gli altri, nella “omessa dichiarazione della direzione e coordinamento esercitata su             , a dispetto delle evidenze, negata pur a fronte della legittima e doverosa manifestazione della propria pretesa risarcitoria; nella omessa dichiarazione della sussistenza di ingenti crediti risarcitori verso gli organi sociali di         , per responsabilità maturate nell’esercizio delle cariche”. Il Tribunale non condivide tale impostazione.

Per meglio inquadrare la problematica e comprendere l’iter logico argomentativo che ripercorre più sotto il Tribunale, si impone una breve analisi dell’evoluzione della disciplina concordataria.
Come è ben noto, con gli interventi riformatori della disciplina concorsuale è stato eliminato dal contesto del concordato preventivo il requisito della meritevolezza, in modo da rendere tendenzialmente residuale il fallimento. Ciò ha portato la giurisprudenza ad una lettura più circoscritta degli atti di frode di cui all’art. 173 LF, tant’è che la disclosure effettuata dall’imprenditore circa le proprie condotte pregresse fanno venire meno, secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (che non ha seguito la tesi maggioritaria della giurisprudenza di merito) il presupposto applicativo della norma, a meno che questi risultino funzionali al concordato. A questo proposto pare opportuno ricordare che secondo la Cassazione n. 13817/2011 l’esclusione di una qualsiasi rilevanza della meritevolezza del debitore per l’accesso alla soluzione concordataria “è un chiaro indice che per quanto concerne la sfera dei rapporti patrimoniali il legislatore ha fatto una scelta assolutamente netta che è quella di far prevalere l’interesse dei creditori alla soluzione della crisi della impresa per loro più conveniente in una certa situazione data, indipendentemente, salvo i limiti indicati, dal grado di eccentricità della condotta dal modello di correttezza imprenditoriale: non rileva attraverso quali operazioni l’impresa si trovi in una certa situazione patrimoniale, ma ciò che conta è il giudizio che i creditori danno del loro interesse a fronte di una situazione di fatto e della valutazione di convenienza che gli stessi compiono della soluzione proposta rispetto all’alternativa fallimentare”; tale concetto è stato confermato da altre pronunce della Suprema Corte n. 17038/2011 e n. 10778/2014. Sul punto, nel solco di quanto già affermato nelle precedenti pronunce, la Suprema Corte con l’arresto del 26.6.2014, n. 14552, ha affermato: “(omissis) giova solo aggiungere che il principio di diritto ora enunciato non vale certo a reintrodurre il giudizio di meritevolezza, che la riformata legge fallimentare ha espunto dal novero dei presupposti per l’ammissione del concordato preventivo. La meritevolezza era, infatti, un requisito positivo di carattere generale, che implicava la necessità di un apprezzamento favorevole della pregressa condotta dell’imprenditore (sfortunato, ma onesto) nell’ottica di una procedura prevalentemente concepita come beneficio premiale. Era, quindi, nozione ben più ampia dell’assenza di atti di frode, non solo genericamente pregiudizievoli, ma direttamente finalizzati, in esecuzione di un disegno preordinato, a trarre in inganno i creditori in vista dell’accesso alla procedura concordataria. Né al riguarda vale obiettare che lo strumento repressivo di condotte illecite, in subiecta materia, sarebbe da individuare non già nel citato art. 173, bensì nella norma incriminatrice di cui al successivo art. 236 perché perfettamente ammissibile, ed anzi normale, il concorso di una sanzione penale con altra di diversa natura, volta ad impedire la validità e l’efficacia di atti viziati da antigiuridicità speciale (omissis)”.

Si ricorda anche l’arresto della Suprema Corte n. 5/2014, con cui è stato ribadito che eventuali false comunicazioni sociali contenute in pregressi bilanci possono considerarsi sanate dalla rappresentazione veritiera e corretta che dei medesimi fatti venga fornita nella aggiornata relazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa.

Chiariti, quindi i principi delineati dalla giurisprudenza di legittimità, il Tribunale osserva che la segnalazione fatta da parte della creditrice         , con cui si rileva l’omessa deliberazione dell’azione di responsabilità da parte dell’organo amministrativo su proposta dell’assemblea dei soci (nel caso di specie coincidenti con il primo) nei propri confronti, con evidente “autodenuncia”, non è assolutamente condivisibile. In primo luogo avrebbe richiesto la nomina di un curatore speciale (per evidente conflitto d’interessi), il quale a sua volta, avrebbe dovuto incaricare un perito per quantificare i danni derivanti dai comportamenti contra legem, al fine di inserire le eventuali rispettive poste fra l’attivo concordatario. Non può dimenticarsi, infatti, che un attivo potenziale come quello che potrebbe derivare dall’esercizio dell’azione di responsabilità sociale, non può essere oggetto di occultamento, considerata l’assenza del previo accertamento di un danno effettivo che ne determini i profili di concretezza, di cui qualsiasi attivo, per essere oggetto di occultamento, deve essere connotato.

E’ ben vero che taluna giurisprudenza di merito ha ritenuto che il mancato avvio di una azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, cui il commissario giudiziale aveva contestato comportamenti omissivi o commissivi dannosi, costituirebbe motivo di revoca ai sensi dell’art. 173 LF (cfr. Trib. Monza dd. 25.11.2011). Secondo tale decisione il motivo della rilevanza dell’omesso avvio dell’azione di responsabilità risiederebbe nel fatto che, trattandosi in quel caso di proposta con cessio bonorum, non sarebbe stato indicato un eventuale attivo, e di ciò non sarebbero stati informati i creditori.

Non si ritiene di poter individuare in tale comportamento omissivo un atto di frode rilevanti ai sensi dell’art. 173 LF, inteso, appunto, quale comportamento preordinato, posto in essere consapevolmente nel corso degli anni pregressi, al fine di frodare i creditori e quindi di viziare il loro consenso diretto all’approvazione della proposta concordataria.

Si ritiene, invece, con ferma convinzione, che rientri fa i compiti primari e fondamentali dell’organo commissariale quello di evidenziare in modo analitico e chiaro le eventuali responsabilità in capo ad amministratori, sindaci e revisori della società in concordato per violazione di norme inerenti le rispettive cariche; ciò al fine di rendere edotti i creditori di tutti i fatti rilevanti per consentire loro l’espressione di un voto consapevole, anche con riferimento alle diverse discipline che regolano le azioni di responsabilità verso gli organi sociali nel concordato preventivo da un lato, e nel fallimento dall’altro. Da qui la richiesta di integrazione ad parte del tribunale della relazione ai sensi dell’art. 172 LF.

Quindi, il mancato avvio di una azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, o la semplice omissione di notizie su possibili loro responsabilità, non costituisce, ad avviso di questo Tribunale, una legittima causa di interruzione della procedura ai sensi dell’art. 173 LF. Spetterà ai creditori esprimersi sulla convenienza, anche considerato il pregresso comportamento tenuto dal debitore, comportamento su cui sarà il commissario a dover riferire.

Nel caso di specie non vi è dubbio che dall’integrazione della relazione dei Commissari dd. 30.04.2015 emergano numerosi comportamenti in violazione di norme di legge, che potrebbero assumere rilevanza sia in sede civile che in sede penale (si veda a tal proposito Cassazione 14552/2014 che ha escluso la violazione del principio del ne bis in idem nella concorrenza del disposto degli artt. 173 e 236 LF, secondo cui è perfettamente ammissibile, ed anzi normale, il concorso di una sanzione penale con altra di diversa natura) imputabili agli organi sociali (amministratori, sindaci e revisori), da cui scaturirebbe un danno ingente a carico alla società e dei creditori. Ma questi aspetti sono, da un lato, rimessi alla prudente e consapevole valutazione del ceto creditorio, dall’altro alla competenza della Procura della Repubblica, qualora dovesse ravvisare fatti di reato.

D’altro canto la disciplina in materia di concordato preventivo non richiede, quale condizione di ammissione, che il debitore debba fornire informazioni sulle condotte del suo organo amministrativo e sulle cause del dissesto, che, si ribadisce, rimane il fulcro centrale della relazione dell’organo commissariale.

Si giungerebbe al controsenso di consentire da un lato all’organo amministrativo di una società in crisi di deliberare l’accesso allo strumento concordatario, con l’obbligo, dall’altro di auto-accusarsi, con potenziali ricadute sulla propria responsabilità anche sotto il profilo penale ai sensi dell’art. 236 LF.

Si aggiunga, inoltre, la considerazione che ogni creditore, messo al corrente delle irregolarità da parte dell’organo commissariale, ha sempre la possibilità di agire in proprio nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2394 cc, chiedendo il risarcimento dei danni; motivo per cui risulta difficile parlare di un atto di frode da individuarsi nella sottrazione dell’attivo.

Al fine di garantire un completo corredo informativo al ceto creditorio è bene ricordare che nell’ambito del concordato preventivo risultano in astratto esperibili sia l’azione sociale di responsabilità che quella spettante ai creditori.

Peraltro nel caso di specie l’azione di responsabilità sociale non pare essere esperibile, in quanto non deliberata dall’assembla sociale.

Questa sarà quindi solo esercitabile in caso di eventuale fallimento. Quanto all’azione dei creditori, si evidenzia che la stessa non è esercitabile dal liquidatore giudiziale del concordato, come si evince anche dal tenore dell’art. 2394 bis cc, che non lo contempla fra i soggetti legittimati a tale azione. L’azione dei creditori è, per contro, esercitabile dal commissario giudiziale nella sola ipotesi espressamente prevista dall’art. 240 LF, con esclusivo riferimento, quindi, a fatti che costituiscono reato. In altre parole, il commissario giudiziale si potrebbe costituire parte civile nell’ambito di un eventuale procedimento penale a carico degli organi societari. Ovviamente rimarrà ad ogni creditori comunque la possibilità di agire singolarmente per far valere le responsabilità, di natura extracontrattuale, nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2394 cc.
Anche in questo caso nell’alternativa fallimentare il curatore potrebbe esercitare l’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 146 LF. Secondo la giurisprudenza più recente, infatti, l’art. 146 LF trasferisce al curatore la legittimazione esclusiva ad esercitare cumulativamente quelle stesse azioni, che prima del fallimento, spettavano invece separatamente alla società (ex art. 2393 cc) ed ai creditori sociali (ex art. 2394 cc).

 

V. In merito all’offerta transattiva proposta da W., P., A., C. R. e D. S..

Alla luce delle responsabilità accertate dai Commissari Giudiziali nella relazione integrativa dd. 30.04.2015 nei confronti degli amministratori e sindaci che si sono susseguiti nella gestione della                  , e dei conseguenti danni dagli stessi quantificati -si tratta di ben oltre 20 milioni di euro-, la proposta formulata dagli offerenti non è assolutamente accettabile: 100.000 euro in contanti, con contestuale rinuncia da parte dell’avv.                     di un suo asserito credito (i Commissari non lo hanno nemmeno inserito fra i privilegiati) ammontante a 150.000 euro, a fronte della rinuncia da parte di Ho. e J. Immobiliare (oltre che di ZH, per cui è stata fatta un’altra proposta) di tutte le azioni e giudizi attualmente instaurati, a spese compensate; della rinuncia di qualsiasi azione nei confronti dei proponenti, sia in sede civile che in sede penale, con ulteriore rinuncia ad ogni domanda o pretesa quali potenziali corresponsabili in via solidale. E’ più che evidente la palese inadeguatezza e insufficienza della proposta. Ma vi è di più: addirittura si propone che l’accordo venga limitato alla sola quota di responsabilità dei proponenti, non solo verso la società Ho., ma anche verso i creditori sociali. E’ inutile dire che una tale previsione è del tutto abnorme: mai si potrebbe consentire di privare -con un accordo fra organi sociali e organi della procedura- i creditori sociali delle proprie azioni (!), esercitabili dal commissario giudiziale in sede penale, dal singolo creditore, o dal curatore in sede fallimentare.

 

VI. Per tutti i motivi sopra esposti, il Tribunale dichiara non luogo a provvedere in ordine alla revoca del concordato preventivo di   SPA. Conseguentemente dispone, al fine di garantire al ceto creditorio un corretto corredo informativo, la trasmissione, a cura dell’organo commissariale, del presente provvedimento e della sua relazione integrativa dd. 30.04.2015 a tutti i creditori, ed al Pubblico Ministero per quanto di competenza.

Quindi dà ulteriore corso alla procedura di concordato preventivo in oggetto e fissa l’adunanza dei creditori dinanzi al Giudice delegato dott. F.B. per il giorno 27.05.2015, ore 11.00.
Infine, rigetta la richiesta di concessione del termine per il deposito di atti e documenti e conseguentemente dichiara l’irricevibilità degli stessi depositati dalla ricorrente in data 29.04.2015.

P.Q.M.

Visto l’art. 173 LF,

dichiara

non luogo a provvedere in ordine alla revoca del concordato preventivo di                        SPA.

Dispone

a cura dei commissari giudiziali l’immediata trasmissione del presente

provvedimento e della loro relazione integrativa dd. 30.04.2015 a tutti i creditori,
ed al Pubblico Ministero per quanto di competenza.

Fissa

l’adunanza dei creditori dinanzi al Giudice delegato dott. F.B. per il giorno

27.05.2015, ore 11.00.

Rigetta

la richiesta di concessione del termine per il deposito di atti e documenti,

e di conseguenza

dichiara

l’irricevibilità degli atti e dei documenti depositati dalla ricorrente in data 29.04.2015

Bolzano, 30.04.2015

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