Trib. Cassino 30.07.2014 (sul pagamento dei crediti prededucibili sorti prima della procedura)

Questa settimana pubblichiamo sul sito dell’osservatorio il provvedimento reso dal G.D. del Tribunale di Cassino in data 30.07.2014.

Il Giudice Delegato risponde ad una domanda frequente in sede fallimentare, stabilendo che il credito per deducibile sorto prima dell’apertura della procedura può essere soddisfatto che al di fuori del riparto soprattutto nel caso in cui (come nell’ipotesi in oggetto) vi sia un solo credito (non contestato) ammesso in prededuzione al passivo e non vi siano crediti in prededuzione sorti nel corso della procedura.

A parere del magistrato non osta al pagamento la carenza del requisito dell’insorgenza del credito dopo la dichiarazione di insolvenza. “Difatti, quello che vale a connotare il credito in prededuzione, ossia l’insorgenza in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, è un dato comune ad entrambe le ipotesi di talché il requisito di cui si discute (il quale, in buona sostanza, trova fondamento nel fatto che il credito origina da atti posti in essere dagli organi della procedura) non può assumere, di per sé, valenza ostativa, salvo volersi ritenere che la sua previsione importi la necessità di riconoscere, già sotto il profilo ontologico, due distinte categorie “generali” di prededuzione (quella pre-fallimento e quella post-fallimento), il che, seppure sostenuto in dottrina, non pare validamente prospettabile ove si consideri che una è la categoria legislativa (la prededuzione) mentre diverso può solo essere il trattamento che la legge riserva ai singoli crediti facenti parte della stessa in ragione delle loro peculiarità”.

Né vale obiettare che in questo caso i creditori ammessi non potrebbero reclamare il progetto depositato dal Curatore. Per il Tribunale, infatti, “non solo tale mezzo di tutela (ossia il reclamo) resta comunque esperibile avverso il decreto del giudice delegato che ordina il pagamento ma, inoltre, i creditori hanno già avuto la possibilità di contestare il credito di cui si discute in sede di riparto, ai sensi dell’art. 95, comma 2, L.F. Insomma, in tale ipotesi la tutela offerta ai creditori concorsuali è addirittura maggiore”.

Vi sono infine due ragioni di ordine pratico che spingono verso la soluzione positiva del caso. “La prima è che attendere il riparto significa far gravare sulla massa l’ulteriore credito per interessi, il quale, nell’ipotesi in cui il credito relativo al capitale sia stato ammesso con maggiorazione degli interessi convenzionali ( non di mora), può essere di importo anche consistente, con conseguente danno per i creditori concorsuali di grado successivo i quali vedono diminuire l’attivo per loro disponibile. La seconda è che procrastinare il pagamento espone il creditore in prededuzione ad un duplice rischio: da un lato, quello che maturino altri crediti prededucibili, i quali del pari andrebbero pagati, per costante giurisprudenza, immediatamente e con tutto l’attivo disponibile, così vanificando gli effetti del principio appena esposto; dall’altro, quello che l’attivo non sia sufficiente a pagare gli interessi che maturano nel corso del tempo”.

Buona lettura.

Simone Giugni

*******

TRIBUNALE DI CASSINO

 

Fallimento n. __/13

 

IL G.D.

letta l’istanza depositata dal curatore in data 30 luglio 2014 con cui si chiede il pagamento parziale, al di fuori del riparto, di un credito ammesso allo stato passivo in prededuzione,

 

OSSERVA

Con riferimento ai crediti prededucibili, il principio sancito dalla legge fallimentare (art. 111 bis, comma 3) è il seguente: essi, qualora siano sorti nel corso del fallimento, se certi, liquidi esigibili e non contestati, possono essere soddisfatti anche al di fuori del riparto.

Per i crediti prededucibili sorti prima della procedura ed ammessi come tali in sede di verifica dello stato passivo, invece, la legge fallimentare non prevede espressamente un principio analogo, limitandosi ad affermare che essi devono essere accertati con le modalità di cui al Capo V; la necessità di provvedere al riparto, tuttavia sembra desumersi dall’esegesi del comma 3 dell’art. 111 bis L.F., il quale statuendo che “… i crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento … possono essere soddisfatti al di fuori del procedimento di riparto …” pare affermare il principio secondo cui in tutte le altre ipotesi, e quindi anche qualora il credito prededucibile sia sorto prima del fallimento, il riparto è sempre necessario.

Ritiene tuttavia questo giudice che il principio operante per i crediti prededucibili sorti nel corso della procedura possa essere applicato, con le dovute cautele, anche con riferimento a quelli sorti in epoca precedente. Ciò, in particolare, è a dirsi con riferimento ad una specifica ipotesi: quella in cui vi sia un solo credito in prededuzione ammesso al passivo che non sia stato contestato in sede di verifica dei crediti dal Curatore e non vi siano crediti in prededuzione sorti nel corso della procedura. In tale ipotesi, infatti, il credito prededucibile ammesso definitivamente al passivo è equiparabile a quello sorto in corso di procedura e non contestato per cui può essere applicato, per analogia legis, il cui principio di cui all’art. 111 bis, comma 3, L.F. citato: identici, infatti sono due dei tre presupposti delle due fattispecie, ossia l’esistenza della prededuzione e la non contestazione del credito.

Difetta, in verità, il requisito dell’insorgenza del credito dopo la dichiarazione di insolvenza ma ciò non è un fatto ostativo. Difatti, quello che vale a connotare il credito in prededuzione, ossia l’insorgenza in occasione o in funzione delle procedure concorsuali, è un dato comune ad entrambe le ipotesi di talché il requisito di cui si discute (il quale, in buona sostanza, trova fondamento nel fatto che il credito origina da atti posti in essere dagli organi della procedura) non può assumere, di per sé, valenza ostativa, salvo volersi ritenere che la sua previsione importi la necessità di riconoscere, già sotto il profilo ontologico, due distinte categorie “generali” di prededuzione (quella pre-fallimento e quella post-fallimento), il che, seppure sostenuto in dottrina, non pare validamente prospettabile ove si consideri che una è la categoria legislativa (la prededuzione) mentre diverso può solo essere il trattamento che la legge riserva ai singoli crediti facenti parte della stessa in ragione delle loro peculiarità.

Nemmeno è ostativo il fatto che, siccome il credito prededucibile sorto prima della dichiarazione di fallimento è pagato al di fuori del riparto, per i creditori concorsuali ammessi al passivo vengono meno le garanzie proprie di tale ultimo sub procedimento (quello di riparto), ossia la possibilità di reclamare il progetto depositato dal Curatore: difatti, non solo tale mezzo di tutela (ossia il reclamo) resta comunque esperibile avverso il decreto del giudice delegato che ordina il pagamento ma, inoltre, i creditori hanno già avuto la possibilità di contestare il credito di cui si discute in sede di riparto, ai sensi dell’art. 95, comma 2, L.F. Insomma, in tale ipotesi la tutela offerta ai creditori concorsuali è addirittura maggiore.

La soluzione positiva, inoltre, trova giustificazione anche in due ragioni di ordine pratico. La prima è che attendere il riparto significa far gravare sulla massa l’ulteriore credito per interessi, il quale, nell’ipotesi in cui il credito relativo al capitale sia stato ammesso con maggiorazione degli interessi convenzionali ( non di mora), può essere di importo anche consistente, con conseguente danno per i creditori concorsuali di grado successivo i quali vedono diminuire l’attivo per loro disponibile. La seconda è che procrastinare il pagamento espone il creditore in prededuzione ad un duplice rischio: da un lato, quello che maturino altri crediti prededucibili, i quali del pari andrebbero pagati, per costante giurisprudenza, immediatamente e con tutto l’attivo disponibile, così vanificando gli effetti del principio appena esposto; dall’altro, quello che l’attivo non sia sufficiente a pagare gli interessi che maturano nel corso del tempo.

In conclusione, si deve ritenere che l’unico credito ammesso in prededuzione e senza contestazioni al passivo del fallimento, nell’ipotesi in cui non vi siano altri crediti della stessa maturati successivamente alla dichiarazione di fallimento, possa essere pagato anche al di fuori del riparto.

Il pagamento può essere anche solo parziale, ciò specie ove si consideri che lo stesso comunque sospende il decorso degli interessi.

Nel caso di specie ricorrono tutti i requisiti sopra esposti, atteso che il credito vantato dal C. è stato ammesso al passivo in prededuzione in assenza di contestazioni del Curatore, è l’unico credito di tale natura ammesso al passivo e, come attestato dallo stesso Curatore, non vi sono altri crediti prededucibili sorti dopo il fallimento.

Inoltre, come attestato dal Curatore, l’attivo attualmente disponibile, detratte le somme da pagare al C., è sufficiente per lo svolgimento della procedura.

 

P.Q.M.

 

Autorizza quanto richiesto.

 

Cassino, 30 luglio 2014

 

IL G.D.

Dr. Andrea Betteruti

Scrivi una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *