ESAME AVVOCATO 2014 – Traccia e soluzione atto diritto penale

“Con sentenza pronunciata dal Tribunale nel 2009, divenuta irrevocabile nel novembre 2012, Tizio viene condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di anni 1 di reclusione ed euro 600 di multa, per il reato di cui all’art. 646 del codice penale per essersi appropriato indebitamente nell’anno 2008 di beni mobili (cucina e arredi completi di un bar ristorante, nonché della somma di euro 25.000), appartenenti alla società Alfa, della quale era amministratore unico. Nell’aprile 2012 viene dichiarato il fallimento della società Alfa e, per le condotte di distrazione relative ai medesimi beni e alla stessa somma di denaro, Tizio viene denunciato e nuovamente sottoposto a processo, questa volta per il reato di bancarotta fraudolenta di cui all’art. 216, comma 1 n. 1 Regio Decreto 16 marzo 1942 legge fallimentare, processo nel quale rimane contumace. Con sentenza in data 09/05/2014, Tizio viene condannato alla pena di ani 3 di reclusione. Ricevuta la comunicazione dell’avvenuto deposito della sentenza il 03/06/2014, Tizio si reca il giorno dopo in Tribunale, dove acquisisce copia della sentenza. Il giorno 09/06/2014 Tizio si reca da un avvocato, rappresentandogli la situazione e mostrandogli le due sentenze di cui sopra. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga l’atto ritenuto più idoneo alla difesa dello stesso.”

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CORTE DI APPELLO DI ___________

Il sottoscritto avv. ………. del Foro di………., difensore di fiducia del signor Tizio, giusta nomina in calce, imputato nel giudizio penale n………/… RG NR – n……./…. RG TRIB, nei cui confronti il Tribunale di…..ha emesso in data 9/5/2014 e con motivazioni depositate in data 3/6/2014, sentenza di condanna alla pena di 3 anni di reclusione con riferimento all’ipotesi di reato di cui all’art. 216, co. 1, n. 1 L.F., dichiara di proporre appello avverso tutti i capi e punti della predetta sentenza, riservandosi sin d’ora la presentazione di motivi nuovi, per i seguenti

motivi

1) Violazione del principio del ne bis in idem ex art. 649 c.p.p.

Va premesso che ancora recentemente la Corte Europea dei diritti dell’uomo si è espressa in ordine al principio del ne bis in idem evidenziando, in materia di relazione fra sanzione penale e sanzione amministrativa punitiva, che, per la medesima condotta, va escluso un duplice trattamento sanzionatorio.

Considerato che l’art. 117 Cost. I c., nella sua attuale versione, fa richiamo ai vincoli discendenti dagli obblighi internazionali, vi è motivo di ritenere che il divieto a un duplice trattamento sanzionatorio valga a fortiori anche nelle ipotesi di diverse fattispecie incriminatrici.

Merita così riforma la sentenza del primo giudice e non può essere ammesso il concorso fra reato fallimentare e appropriazione indebita.

Per i fatti oggetto di imputazione Tizio è stato già tratto a giudizio e condannato ex art. 646 c.p. con sentenza divenuta irrevocabile.

Il contegno oggetto del presente giudizio è, dunque, coperto dal giudicato sul rilievo che le condotte di appropriazione indebita e quelle di bancarotta per distrazione integrano un identico fatto giuridico.

Costituisce fatto diverso quello che rappresenta un’ulteriore estrinsecazione dell’attività del soggetto, diversa e distinta nello spazio e nel tempo, rispetto a quella posta in essere in precedenza ed accertata con sentenza passata in giudicato.

Nella fattispecie, sussiste identità del fatto giacchè vi è corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento e nesso causale), anche con riguardo alle condizioni di tempo, luogo e persone.

In presenza di condotte materiali del tutto identiche, quale quelle oggetto del presente e del precedente giudizio, un elemento del tutto esterno alla condotta stessa, quale la dichiarazione di fallimento, non può essere considerato evento ulteriore, idoneo a consentire l’instaurazione di un giudizio per bancarotta fraudolenta per distrazione.

L’orientamento che ravvisa nella specie una ipotesi di concorso formale si fonda, essenzialmente, sulla diversità dell’interesse protetto, ma anche sulla diversità di struttura dell’azione che nell’appropriazione indebita si esaurisce con l’acquisizione della cosa mentre nella bancarotta “prosegue” con la sottrazione (nuova ed autonoma condotta) alla garanzia patrimoniale dei beni illecitamente acquisiti al proprio patrimonio.

Di converso, il fatto, unitariamente considerato (nella sommatoria: appropriazione indebita – dichiarazione di fallimento) è riconducibile solo ad una delle norme sostanziali in questione, ove invece, il concorso formale postula che le diverse norme si integrino vicendevolmente e, perciò, possano applicarsi contemporaneamente, in quanto ciascuna di esse comprende solo una parte del fatto. La tesi del concorso formale (che escluderebbe, di per sè, l’operatività della preclusione del ne bis in idem), sostenuta in un isolato precedente (cfr. Cass. sez. 2, 4.3.1997, n. 10472, n. 209022), non è, pertanto, condivisibile.

Nel caso in esame, invece, una stessa azione, posta in essere in identico contesto spazio – temporale, si realizza con l’apprensione dei beni e con la simultanea distrazione dalla loro naturale destinazione. Va, dunque, escluso il concorso di reati.

Ad avviso di una parte della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. pen. N. 4404/08), pur non ricorrendo una ipotesi di concorso formale, il rapporto tra le fattispecie di appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta per distrazione dovrebbe essere ricondotto alla configurazione del reato complesso di cui all’art. 84 c.p., con la conseguenza che, in caso di identità di beni oggetto di distrazione ed appropriazione, l’agente non avrebbe potuto essere chiamato a rispondere di entrambi i reati, ma solo di quello complesso, ossia di bancarotta fraudolenta.

Intervenuta una pronuncia definitiva, in presenza di condotte materiali del tutto identiche, poste in essere dall’imputato nella riferita qualità, un elemento del tutto esterno alla condotta stessa, quale appunto la dichiarazione di fallimento, non avrebbe potuto essere considerato evento ulteriore, idoneo a consentire l’instaurazione di un nuovo giudizio per bancarotta fraudolenta per distrazione a suo carico. Donde, la sussistenza, nella fattispecie, della situazione tipica del bis in idem, che comporta l’applicabilità dell’art. 649 c.p., comma 1.

In tal senso depone l’insegnamento della CEDU, diretto a evitare una proliferazione di giudizi in ossequio alla certezza del diritto, nel senso altresì di tutelare il legittimo affidamento della parte che confida in una decisione definitiva, non destinata a riaprirsi con rinnovato giudizio.

2) Erronea qualificazione del fatto e rideterminazione della pena

Nella denegata ipotesi in cui il Collegio ritenesse di aderire alla tesi che ammette che le due fattispecie sono strutturalmente diverse, integrando, se consumate contestualmente, un reato complesso con assorbimento del delitto d’appropriazione indebita in quello di bancarotta fraudolenta (Cass. n. 4404/08), si chiede, riqualificato il fatto come reato complesso, la rideterminazione della pena.

Al riguardo, può essere ribadito il principio enunciato dalla Cassazione con sentenza n. 37567/2003. Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, intervenuta sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, per il reato di appropriazione indebita e, successivamente, procedutosi per bancarotta fraudolenta per distrazione, i giudici di merito avevano riunito in continuazione quest’ultimo reato a quello (minor) giudicato con sentenza definitiva, applicando un aumento sulla pena base determinata per la bancarotta fraudolenta. La Cassazione ha, invece, escluso il vincolo della continuazione sul rilievo che il reato di appropriazione indebita avrebbe dovuto considerarsi assorbito nella bancarotta fraudolenta ed ha, conseguentemente, escluso l’aumento di pena in continuazione, rideterminando la pena.

Alla luce di tutto quanto esposto, il sottoscritto difensore

chiede

che la Corte di appello, in riforma dell’impugnata sentenza, dichiari non doversi procedere nei confronti dell’imputato nel rispetto del principio del ne bis in idem e, in subordine, modifichi il trattamento sanzionatorio in senso più favorevole all’imputato.

Luogo, data                                                                          Avv. (firma)

Nomina ex art. 96 c.p.p.

Il sottoscritto Tizio, nato il (…) in (…) ed ivi residente alla via (…), imputato nel procedimento penale n. (…/…) R.G.N.R. – (…/…) R.G.Dib., pendente avanti alla Corte di appello di……..

dichiara

revocando ogni precedente nomina, di nominare quale proprio difensore di fiducia nel presente procedimento l’Avv. (…) del Foro di (…).

Il sottoscritto dichiara, infine, di eleggere domicilio ai fini e per il disposto dell’art. 161 c.p.p. nello studio del proprio difensore in (…) alla via (…).

Luogo e data

Tizio  (firma)

 

La sottoscrizione è autentica.

Avv. (firma)